lunedì 14 gennaio 2008

MADININA, MATININO, O MARTINICA E BELLA OLTRE I NOMI

17 Dec

Fu Colombo, manco a dirlo, che scoprì quest’isola. “La più bella e lussureggiante finora scoperta”, scriveva nel diario del 1502 (ma la stessa frase la si può trovare sia nei diari precedenti che in quelli futuri, tanto per dire che cruogiolo di perle incontaminate potesse essere i Caraibi dell’epoca).

Egli aveva il privilegio divino di dare i nomi ai posti che incontrava, alle cose. Senonchè ciò divenne presto un onere se si contano le centinaia di isole che il grande Capitano ed esploratore incontrò. Forse per questo che presto adottò una tecnica magari un po’ spiccia, ma certamente efficacie per sbrigare la faccenda.
Così, ad esempio, chiamò la Martinica con il nome del giorno in cui fu avvistata. Molte altre isole portano i nomi dei giorni della settimana, o dei santi o delle ricorrenze in cui furono scoperte o conquistate.

Quale fosse il nome originario, precedente al battesimo nostrano, non è certo: c’è chi dice “Madinina”, ovvero “isola dei fiori”, c’è chi sostiene invece che gli autoctoni la chiamassero “Matinino” – che significherebbe “isola delle donne”.
Della prima etimologia si può trovare riscontro tutt’ora, dato che l’isola è ricoperta di fiori e di una vegetazione lussureggiante.
Della seconda, invece, è quasi impossibile verificare cosa davvero si riferissero i locali, dato che la popolazione attuale è formata principalmente da un minestrone di etnie frutto per lo più di due odiose pratiche secentesche: l’afflusso dei “conquistatores” francesi, inglesi, spagnoli ed olandesi, che si contendevano il dominio dei caraibi da una parte; e dall’altra lo scempio della deportazione dei negri africani da impiegare come schiavi nelle colonie.
I visi che si possono incontrare oggi sono così il frutto di incroci forzati nel sangue e nelle grida di un passato per cui nessuno ha ancora sentito il bisogno di istituire un giorno della memoria.
Ad onta della vergognosa genesi – o forse a risarcimento – i frutti di questo peccato originario del nuovo mondo si ergono in corpi scultorei e visi di una bellezza ultramondana, con occhi di smeraldo, di ghiaccio, o di pece, e pelli lisce come levigate dagli alisei, imbrunite dal sole o tinte dalla Terra.
Le ragazze, se non sono state logorate da una condizione di indigenza o da lavori particolarmente sfibranti, mostrano i tratti ed il marchio di una divina madre natura: i loro corpi sono occorrenze folgoranti del sublime naturale, della infinita bellezza e perfezione dello stato animale. Corpi perfetti come disegnati dal vento, ed impastati nella terra soda, formano caviglie da stambecco e cosce da tigre. Dotate di una grazia innata, si muovono al ritmo tamburellante della terra, con un’armonia ed un’energia che noi bianchi possiamo solo ammirare.
Per contemplare gli sgoccioli di questa sorgente di bellezza basta camminare per le strade e frequentare i locali notturni animati dalla musica dal vivo e dalla e birre e dal rhum artigianali.
Per apprezzare la vegetazione, invece, ho noleggiato una macchina con cui mi sono messo a girare in lungo ed in largo per l’isola.

Così mi si è spalancato davanti agli occhi lo spettacolo di una biologia scoppiettante, i cui figli si intrecciano e si mischiano, alimentando una continua proliferazione.
Rose e palme di diversi tipi e dimensioni, coltivazioni di ananas e canna da zucchero, piante di ibisco e bouganvillae, caschi di piccole banane e cactus spinosi si intrecciano e si abbracciano in una savana impenetrabile che è ancora padrona e custode di una certa parte dell’isola.

20:55 UTC -4
Baie du Vauclin


E’ calata ormai la notte, la macchina è parcheggiata sul ciglio di una spiaggia, rivolta verso l’oceano. Dormirò qui stanotte, sulla costa orientale, quella esposta agli alisei che stasera soffiano insistenti a piegare le palme e a far frangere le onde che schioccano contro la spiaggia.
Tutto intorno è buio, ed i bar alle mie spalle stanno chiudendo; ma mi hanno assicurato che la zona è tranquilla e che potrò dormire sonni relativamente tranquilli.
Sarà così, quando all’alba il sole è arrivato a darmi la sveglia, la notte era passata calma: mi sono svegliato solo quando alcuni ragazzi sono arrivati a fare un bagno notturno, e poi in occasione di qualche macchina che veniva a godere del buio, per celebrare il rituale dondolio dell’amore.


Domani voglio tornare a Le Maren, devo trovare una barca per continuare il mio viaggio. A poco a poco gli occhi si chiudono, e le immagini fra sogni e desideri si mischiano con le esperienze passate…

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