Suwarow, all'ancora.
18:02 pm
Avvolto nell’accappatoio mi asciugo la faccia con un lembo del cappuccio, mentre guardo il tramonto coprire di ombre suwarow e le sue palme; un sorriso mi si schiude fra le labbra.
Ho 24 anni, da circa un anno sono in giro per il mondo in barcastop, ed oggi sono sopravvissuto al mio primo naufragio.
Ora se la cosa vi ha colpito drizzate bene le orecchie: non solo la barca che timonavo qualche ora fa ora riposa sul fondo del mare, ma sono stato proprio io ad affondarla, e quando quella sembrava ribellarsi, restando ostinatamente a galla, l’ho anche presa a picconate per fare un bel buco nello scafo e farla colare definitivamente a picco. Credete sia impazzito? Magari con la barba incolta e i capelli arruffati, gli occhi stralunati ed il ghigno spiritato, affiancate la mia immagine al ricordo di Jack Nicolson in Shining… Ma io non sono pazzo: chiedetelo a quelli che stavano con me… Certo, ero alla barra, ma sulla barca non ero solo. Ma non crediate, i miei compagni non si sono ammutinati: mi hanno seguito tutti fino in fondo, ed ognuno ha fatto la sua parte per assicurarsi che la prua di Fafinek non solcasse mai più nient’altro che la sabbia del fondo dell’oceano.
Tutto iniziò qualche giorno fa…
Il povero guardiano dell’isola, John, era disperato per via di quella dannata barca che un francese aveva abbandonato qui a suwarow dopo aver disalberato nelle vicinanze: senza armo e senza possibilità di riparazioni era d’altronde inpensabile portarla in qualsivoglia isola abitata, essendo la più vicina di queste a più di 500 miglia, ovvero una distanza impensabile da coprire solo a motore.
Destinata dunque all’abbandondo la povera barca è stata nei mesi successivi oggetto di cannibalizzazioni varie, fino a ridursi a nient’altro che lo spettro di un veliero; qualcosa di simile ad un vecchio parco giochi abbandonato.
Quando ieri finalmente è arrivata l’autorizzazione ad affondarla, John ha chiesto l’aiuto di tutti gli equipaggi delle barche presenti alla fonda.
Dopo una breve riunione per decidere il da farsi si è passati alla fase di ripulitura: nel più breve tempo possibile ogniuno era salito a bordo ed aveva cercato di accaparrarsi qualche pezzo utile: una bussola, una guarnizione, un pezzo del motore, qualche attrezzo.
.
.
Terminata la fase di cannibalizzazione si è passati alla fase di traino: due dinghy assicurati ognuno ad un lato dello scafo garantivano la potenza ed un eventuale aiuto alla manovrabilità, mentre la lancia di John, da prua, trainava il futuro relitto.
Non senza difficoltà riusciamo a portare Fafinek fuori dalla pass. A questo punto facciamo saltare tutte le prese a mare per cercare di far imbarcare più acqua possibile… 10 minuti… 20 minuti… il naufragio è stranamente molto lento, quando ci accorgiamo che la barca non ha bulbo!! Senza un peso consistente che contrasti il gallegiamento affondarla sarà difficile.
Si passa dunque al piano B: armati di accetta e piccone cerchiamo di demolire la barca, ma ci accorgiamo che la vetroresina è più elastica e resistente di quello che pensassimo: gli arnesi rimbalzano contro lo scafo, complici anche le onde che sballonzolano la barca e non ci permettono di mettere a segno colpi efficaci.
Proprio quando ci stavamo rassegnando ad attendere il lento naufragio, individuiamo il punto debole della barca: sfondando il pavimento del pozzetto a picconate l’acqua inizia a salire a fiotti ed invadere i gavoni ed il motore… in men che non si dica la barca si impenna mentre la poppa sprofonda nell’acqua.
A mano a mano che sento l’acqua salire verso la pancia, il mio peso si fa meno insistente sul ponte della barca, e mentre osservo la prua impennarsi al cielo sento le palme dei piedi distaccarsi definitivamente dal ponte quando l’acqua mi è ormai arrivata alla gola… fino all’ultimo istante… Della nave il capitano salva la barra, del suo primo naufragio porta a casa la pelle, e qualche foto da incorniciare…
La sera ci si ritrova tutti in spiaggia per commemorare un evento alquanto insolito nella vita di un marinaio.
giovedì 16 ottobre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
PARLIAMO DI IMMAGINI-
Le foto dell'affondamento del "povero"Fafinek,le foto
della pesca subacquea,quelle di Suwarrow così come le tue descrizioni degli avvenimenti sono immagini stupende e ci fanno rivivere le emozioni che hai vissuto.L'immagine però che colpisce di più è quella scaturita da un tuo,probabilmente spontaneo,modo di intuire certe connessioni tra l'uomo
e la realtà che lo circonda.Mi riferisco al.."sole che penetra nel cuore e trasforma in fuoco la determinazione"(nel tuo precedente post)
E' un immagine non solo simbolica-se ne parla da millenni: gli antichi Rishi,
Zarathustra(Ahura Mazda),la Baghavad Gita,Amenophi IV,divenuto Ank-en-Aton-(il figlio del Sole-Aton)
l'evangelista Giovanni(la Luce del Mondo e il Fuoco della Pentecoste),
Shopenhauer(la Volontà come essenza del mondo)-Goethe,nel suo Faust(..gareggia il sol..)
Aurobindo,Ramana Maharishi,Yogananda(asceti indiani moderni),ecc.
ed infine arriviamo alla" Via della Volontà Solare"di un contemporaneo,
un pensatore-asceta(Scaligero) che dice:
(...una sola forza affiorante dal sole si manifesta come luce del mondo e come
luce del pensiero volente nell'anima dell'uomo - La luce è una!....)
Beh con questi illustri tuoi predecessori l'immagine della luce del Sole che
penetra nel cuore e risveglia il fuoco della determinazione pensante,
è molto intuitiva anche se potrebbe far rabbrividire certi supponenti
astrofisici che credono di poter "ingabbiare" i misteri della Vita dell'Universo
in sole astratte formule matematiche o in analisi spettroscopiche,ignorando
la Forza del pensiero intuitivo con cui le hanno concepite.Forza a loro sconosciuta anche se la usano quotidianamente,traducendola in teorie o tecnologie
Sì, bisogna spalancare gli occhi,
come tu affermi,
o meglio l'unico "occhio del cuore"
(il pensiero intuitivo)illuminato e scaldato dal sole affinchè
il Fuoco Cosmico,interiorizzato, risvegli in noi la'determinazione' che da esso deriva.
Posta un commento